Descrizione
Trascrizione di atti nascita a seguito di procreazioni tramite la maternità surrogata
La maternità surrogata, o gestazione per altri, spesso abbreviata in GPA, è una forma di procreazione assistita in cui una donna (definita madre surrogata, gestante per altri) provvede alla gestazione per conto di una o più persone, che acquisiranno la responsabilità genitoriale nei confronti del nascituro.
In molti Paesi la donna che partorisce un bambino ne è considerata la madre a tutti gli effetti, e gli accordi prenatali sulla futura nascita sono considerati nulli
(come, ad esempio, in Italia). Alcuni Paesi (come ad esempio il Canada) ne proibiscono la forma retribuita ammettendone quella altruistica, gestita da agenzie specializzate che prevedono un rimborso per le spese mediche delle donatrici, oltre a tutti gli oneri dovuti alla pratica. Altri ancora invece permettono entrambe le forme (Georgia, Ucraina).
In Italia la surrogazione di maternità costituisce una pratica medica vietata, punita con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro (Legge 40/2004, art. 12, comma 6.) Il divieto è stato confermato nel 2017 dalla Corte costituzionale (Sentenza n. 272/2017), che ha inteso porre un limite netto alla genitorialità ad ogni costo, impedendo che questo desiderio possa essere soddisfatto utilizzando il corpo di un’altra donna quale strumento per un progetto che sarebbe irrealizzabile: si tratta di ipotesi che “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”.
La trascrizione di atti di nascita a seguito di procreazione tramite GPA: possibilità e limiti
Qualora si optasse di usufruire di questa pratica in Paesi esteri che lo permettono, si pongono alcuni problemi. Le norme italiane consentono il riconoscimento automatico dei genitori biologici e ammettono quindi la trascrizione dell'atto di nascita del neonato. Non sussistendo nell'ordinamento una norma che permetta il riconoscimento automatico del rapporto di genitorialità, si pone il problema del riconoscimento del legame familiare tra il/la figlio/a e il genitore non biologico (o genitore sociale); situazione che si verifica allorché l'ovulo o lo spermatozoo siano donati da un soggetto terzo. L'ipotesi è tipica delle coppie eterosessuali, quando la madre non è in grado di fornire l'ovulo alla donna portatrice, e delle coppie omosessuali.
La situazione è sempre estremamente complessa: da una parte si tratta di rispettare e tutelare la dignità umana, valori fondamentali e principi ispiratori del nostro ordinamento, escludendo il ricorso alla maternità surrogata, ma si tratta anche di garantire l’interesse del minore, una volta che la nascita è avvenuta, a mantenere il rapporto con i soggetti che hanno deciso di farlo venire al mondo, evitando qualsiasi penalizzazione per le modalità illegittime con le quali questo sia avvenuto. Non si può certamente far ricadere sul minore le scelte degli adulti verso una tecnica procreativa vietata dal nostro ordinamento: il neonato non ha alcuna colpa ed è ancora più bisognoso di tutela.
In sostanza la questione riguarda la compatibilità o contrarietà all’ordine pubblico internazionale del provvedimento giurisdizionale straniero con il quale è stato riconosciuto il rapporto di filiazione con il genitore d’intenzione, e se l’adozione di minore in casi particolari possa essere lo strumento che consenta di instaurare il legame giuridico con tale genitore d’intenzione, anche secondo le disposizioni del nostro ordinamento.
Al riguardo si sono espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n.38162/2022, con la quale si <… conferma e chiarisce quanto già affermato, sempre dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, in una precedente decisione del 2019. L’atto di nascita o il provvedimento giurisdizionale formato all’estero, che accerti lo stato di figlio del nato da madre surrogata anche rispetto al committente privo di legame biologico con esso, è contrario all’ordine pubblico e non può perciò essere trascritto nei registri italiani dello stato civile. Il rapporto in atto tra il nato e il cd. genitore d’intenzione può essere nondimeno formalizzato attraverso il ricorso all’adozione in casi particolari, e dunque non ab initio e in maniera automatica, ma soltanto ex post e a seguito di un concreto accertamento giudiziale della sua conformità al miglior interesse del minore> (E. Bilotti, Professore ordinario di diritto privato presso l’Università Europea di Roma, in https://www.tempi.it/nessuna-apertura-surrogata-sentenza-cassazione/.)
La decisione del 2022 rimane ferma sulla contrarietà all’ordine pubblico della maternità surrogata, escludendo qualsiasi apertura, ma riproponendo ancora l’adozione di minore in casi particolari quale soluzione per realizzare il rapporto tra il minore ed il genitore d’intenzione, nel rispetto del nostro ordinamento.
Non potrà essere neanche il giudice a fornire un’interpretazione che valuti la scelta libera e consapevole della donna, anche priva di contropartite economiche, ammettendo il ricorso alla maternità surrogata ed ignorando il contrasto con l’ordine pubblico internazionale. Non solo, ma se così non fosse <La valutazione caso per caso finirebbe per essere attribuita, in prima battuta, non al giudice, bensì all’ufficiale di stato civile, il quale sarebbe così chiamato ad “operare la scelta relativa al riconoscimento della genitorialità intenzionale sulla base dei criteri generali ‘normati’” dalla pronuncia di queste Sezioni Unite. Ma vi sarebbe la “pratica impossibilità”, con i poteri conferiti all’ufficiale di stato civile, “di procedere alla verifica se vi sia stato un corrispettivo economico a favore della donna che in un lontano Stato estero ha gestito per altri la maternità, e valutare la sua concreta condizione di soggezione ed il reale grado di libertà e consapevolezza della scelta effettuata, nonché le modalità di partecipazione alla scelta da parte del genitore intenzionale”>.
Non vi è dubbio che nel concetto di ordine pubblico rientri il superiore interesse del minore, proclamato da numerose fonti internazionali, ma pur avendo un ruolo centrale e preminente, tuttavia non può divenire strumento per favorire comportamenti illegittimi o impedire la tutala di altre situazioni rilevanti per l’ordinamento. Di conseguenza, non si può procedere alla trascrizione del provvedimento giurisdizionale straniero e dell’atto di nascita che indichi come padre, o madre, il genitore d’intenzione: la soluzione è data dall’adozione ai sensi dell’art. 44 della legge 184/1983 che consente l’instaurarsi dello status di figlio con il partner del genitore biologico.
I motivi che le Sezioni Unite individuano per escludere il riconoscimento del provvedimento straniero vengono poi esposti chiaramente. Innanzitutto, perché verrebbe legittimato il ricorso alla maternità surrogata che, è stato già affermato, offende in modo intollerabile la dignità della donna, attraverso quella che viene definita una pratica degradante, ricordando che l’interesse del minore non significa dover riconoscere in ogni caso il rapporto di filiazione validamente costituitosi all’estero. Inoltre, il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita non può significare l’assoluta libertà di scegliere anche come questo possa avvenire: la fecondazione eterologa è ben diversa dalla maternità surrogata, il consenso previsto per la prima non può essere confuso con la volontà della coppia per la seconda. Infine, la genitorialità non può trovare riscontro in una sorta di automatismo, ma è necessaria una valutazione di concretezza, la verifica dell’interesse del minore a continuare quel rapporto formatosi all’estero.
La decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo
Sulla questione è intervenuta anche la Corte europea dei diritti dell’uomo (vedi la Circolare del Ministero dell'Interno - DAIT 07/07/2023, n. 85), che con decisioni pubblicate il 22/06/2023 (ricorsi n.. 10810/20, 47998/20 e 59054/19 decisi nella seduta del 30/05/2023, vedi: http//hudoc.echr.coe.int), ha dichiarato irricevibili taluni ricorsi proposti avverso l’Italia relativi al rifiuto di trascrizione di atti di nascita formati all’estero con ricorso alla pratica della GPA, sia al rifiuto dell’indicazione della madre d’intenzione del minore nato in Italia a seguito del ricorso, all’estero, alla tecnica della procreazione medicalmente assistita.
In tali decisioni la Corte di Strasburgo, ribadendo gli orientamenti già enunciati in precedenti pronunce, pur confermando la necessità del riconoscimento del rapporto tra il minore e il genitore d’intenzione, ha ribadito che rientra nell’ambito della discrezionalità di ciascuno Stato la scelta dei mezzi con cui pervenire a tale risultato, trai quali si annovera il ricorso all’adozione del minore. In particolare la Corte europea ha rilevato che, con riferimento alla volontà di vedere riconosciuto un legame tra il bambino ed il genitore d’intenzione, l’Italia non viola gli obblighi discendenti dalla Convenzione dei diritti dell’uomo, in quanto l’ordinamento italiano riconosce la possibilità di far ricorso all’adozione in casi particolari.